Casa casetta ♥

Tra un pò il tramonto di un sole che oggi ha preferito starsene tra cuscini di nuvole. Io, sono appoggiato, noncurante di ciò che attorno accade, alla staccionata che funge da perimetro al laghetto che abbellisce il giardino della mia zhai. Odoro il profumo delle ninfee, mescolato all’umidità in questo giorno diverso. Il giardino mai prima era stato cosi colorato ai miei occhi. La pioggia, la sento bussare sulla mia nuca, le gocce scendere fastidiosamente lungo le tempie, le guance, poi, giù per il collo. Ma non disturba il colore. Queste nuove sgargianti sfumature, ora riesco a vederle solo per dono del mio cuore. Provocate dalle bramate ma insperate parole. Dolce voce, quella di Lei che sempre ha penetrato, la mia interiorità. Che mai però si era lasciata andare, proferendo parole con sentimento rivolte a me. Sono certo? è successo veramente? Si, il suo sorriso alla fine del discorso, ha divelto le ultime barriere, che da tempo ci separavano solo nell’amore. Quasi un anno. Un anno in cui non ho avuta pace. In cui la tachicardia ha quasi spezzato il mio cuore. In cui, tutti i giorni nel vederla entrare a piccoli passi con i capelli morbidi sulle spalle, ho notato il suo riserbo e ho pensato, se fosse l’ultimo giorno con Lei ? Volevo fermare il tempo. O meglio, usare l’instancabile movimento delle lancette dell’orologio, come forza dimostrabile che tutto prima o poi accade. Arrivò il giorno in cui il dottor Hiroshi, quasi come volesse ripetere un miracolo, mi disse: Nagashi domani è il grande giorno. Gettiamo le grucce nel lago, voglio vedere movimenti indipendenti. La mia pancia mi parlò: ma cosa vuoi veramente. Riprendere a camminare o restare invalido per la vita e non perdere un minuto della sua presenza? Tutto è un controsenso. E se il sogno che in tutte queste notti mi ha aiutato a ristabilirmi, potesse avverarsi? Sono sincero. Non da subito ho capito di amarla. Ero troppo preso a compatirmi per le difficoltà motorie che l’incidente ha provocato. Confuso dalle sue attenzioni prestate nello svolgere la terapia riabilitativa. Ammaliato dalla espressione dolce del suo viso, rilasciata talvolta per distrarmi dalla sofferenza provata nell’eseguire alcuni movimenti. Ma giorno dopo giorno ad ogni calar del sole, vederla allontanare dopo la sua giornata passata con premuroso impegno a rendere nuovamente vivi i miei arti inferiori, un dolore sempre meno liquido colmava il mio corpo già sufficientemente provato. Hiroshi aveva ragione, il grande giorno è arrivato.

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